sabato 9 febbraio 2008

La tradizione garibaldina a Langhirano – Il garibaldino Luigi Gonizzi detto Barsanti

4) LUIGI GONIZZI E’ IL FUTURO GARIBALDINO. IL NOME LUIGI (LOUIS) CHE GLI VIENE IMPOSTO HA UN’ ORIGINE FRANCESE

Luigi Michele Fortunato Gonizzi, il personaggio su cui è incentrato questo racconto intrecciato alle vicende del Risorgimento, nasce il 2 ottobre 1834 alle ore una pomeridiana alla presenza del delegato del Comune di Compiano, Distretto di Borgotaro, Ducato di Parma. Il nome Luigi ha un’origine francese, Louis significa infatti “glorioso in battaglia”. La dichiarazione che avviene il 4 dello stesso mese viene fatta alla presenza di Giuseppe Cardinali e Francesco Corvi di anni 56 ambedue domiciliati a Compiano. Le firme sottoscritte al documento di cui sopra sono di Domenico Gonizzi, Francesco Corvi e Giacomo Maggi (che non appare citato fra i presenti). Quando viene battezzato il figlio Luigi nella chiesa di San Giovanni Battista Domenico Gonizzi aveva 52 anni, un’età più consona allo status di nonno che a quello di padre. Secondo la testimonianza di Ermanno Scagliola priore laico della Arciconfraternita di S.Rocco (vedi paragrafo 6) risulta che prima di essere battezzati tutti i neonati (maschi e femmine) di Compiano venivano iscritti nella Confraternita i cui registri purtroppo furono in massima parte distrutti dal fuoco durante i rastrellamenti tedeschi del 19 luglio 1944 avvenuti nell’Alta Val Taro. Luigi a 20 anni è nelle liste della provincia di Parma per la coscrizione obbligatoria dell’anno 1854, l’anno in cui avviene l’attentato mortale del Duca Carlo III di Borbone, viene però esentato (eccettuato) per abito scrofoloso. In altre parole Luigi Gonizzi è affetto da una patologia, la scrofola che può preludere a causa dell’ingrossamento delle ghiandole in tubercolosi. Può essere interessante ricordare che in quel periodo oltre alla scrofola le malattie più frequenti nel proletariato cittadino erano rachitismo, tubercolosi, febbre puerperale, la difterite (la più pericolosa delle malattie infantili) e malaria, nonché la pellagra e il gozzo fra i lavoratori della terra. Risolto come sembrerebbe il problema di tipo sanitario Luigi si unisce in matrimonio qualche anno dopo nel ‘68 a Lugagnano Val d’Arda (PC) nella chiesa di San Zenone con la giovanissima Adele Silva, nata ad Agazzano (PC) nel 1852, figlia di Vincenzo (usciere di pretura e possidente) ed Ermelinda Bargoni. L’intera famiglia Gonizzi, come risulta dal censimento del 1857, abitava a Parma in un alloggio in affitto di Borgo della Posta n° 19 al secondo piano, nell’edificio adiacente alla chiesa di Santa Maria Maddalena. La famiglia era composta da Domenico già cancelliere di pretura e vedovo dell’amata consorte Luigia Limidi, i figli Luigia, Margherita, GianAndrea e Luigi. In quell’anno come servente definita “persona estranea che dimora e pernotta nella famiglia” risulta presente nella famiglia Gonizzi la diciottenne Luigia Gandolfi di Ferdinando nata a Langhirano. Sulla Gazzetta di Parma del 9 e 10 novembre 1859 ho individuato l’elenco dei sottoscrittori parmigiani con le relative offerte per l’acquisto del milione di fucili (Enfield, Barnett, ecc.), la campagna promossa dal generale Garibaldi e dai patrioti milanesi Besana e Finzi. Fra marzo e giugno del 1859 Garibaldi era stato impegnato su incarico del Ministro Urbano Rattazzi (1810-1873) in una sorta di tour frenetico per l’inaugurazione di svariati tiri al bersaglio nel nord del paese. La prima società di tiro al bersaglio fu quella di Genova, costituitasi nel 1852, con a capo Antonio Mosto, fervente mazziniano e collezionista di armi di pregio. Le idee repubblicane che professò lo portarono a divenire membro di alcune organizzazioni democratiche fra cui la Società democratica e la Società emancipatrice. La costituzione dei comitati di arruolamento e dei tiri al bersaglio fu promossa ufficiosamente dal primo ministro Urbano Rattazzi. In una lettera dell’aprile 1862 contenuta nell’Archivio del Risorgimento di Roma Garibaldi così esortò: <>. Il 24 marzo del 1862 venne pubblicato nella città di Parma il regolamento per il concorso di inaugurazione del Tiro al Bersaglio. La società promotrice aveva allestito il regolamento affisso nelle vie della città, stampato dalla Tipografia Grazioli. Presidente era stato eletto Garibaldi, vicepresidenti il ten. colonnello Gaspare Trecchi e il Prof. Antonio Oliva. Fra i consiglieri un caro amico dell’Eroe, Faustino Tanara. L’arrivo di Garibaldi previsto inizialmente per il 25 marzo era stato spostato al 30 marzo per i molti impegni che lo stesso aveva a Milano.

E’ lo stesso Luigi Gonizzi che il 5 ottobre 1859 offrì la pistola al Conte piacentino Luigi Anviti il modo da consentirgli di suicidarsi in modo “onorevole” evitando il possibile massacro ad opera della popolazione infuriata che più volte tenta di forzare l’ingresso alla caserma degli ex dragoni (oggi via Bodoni). Nel libro di Modesto Fulloni “La frana di Carrobio” stampato dalla Tipografia Aroldi, Casalmaggiore 1876, ristampato con un nuovo titolo “Il secolo delle Duchesse – Parma da capitale a provincia del Regno – 1816–1870” dalla editrice PPS di Parma nel 1994 è riportato il colloquio tra un carabiniere e lo sfortunato colonnello :”Un Carabiniere presentossi a lui dicendole Sig.Colonnello Ella è un soldato…. Prenda questa pistola; per lei non vé più altro scampo, non dia loro la soddisfazione d’averlo vivo. Il vile rispose, non ho il coraggio di farlo”. Il carabiniere citato dal Fulloni è in realtà l’applicato di pubblica sicurezza Luigi Gonizzi testimone partecipe alle fasi del drammatico evento che finirà in tragedia. Nel libro di Rocco Piscitelli “La Questura di Parma – Nel quadro degli uffici di P.S. parmensi dal 1859 al 1961” edito dalla Tipografia La Nazionale in Parma 1962 viene precisato dall’autore che il periodo del 1859 è caratterizzato dal trapasso dall’antico al nuovo dominio, dai Borboni all’Italia unita, e “in cui il territorio dell’ex ducato è governato da istituzioni provvisorie dove i corpi di polizia sono adeguati alle nuove esigenze (procedendo) con criteri più che tecnici e amministrativi, meramente politici”. Il figlio di Luigi vale a dire mio nonno Adelmo ricorderà sempre nelle serate fredde d’inverno i particolari raccontati da suo padre che la furia omicida del popolo non si placò se non dopo lo squartamento dell’Anviti a cui venne strappato il cuore, la recisione del capo con una daga (utilizzata come sega) e particolare assolutamente inedito gli organi genitali del povero infelice inchiodati alla porta di casa dell’amante in Borgo dell’Asse (oggi Borgo del Parmigianino). Sul massacro del Conte piacentino in Per la Val Baganza 2003 avevo elaborato una ricostruzione storica utilizzando tre testi di cui uno assolutamente raro che consentono di fermare l’attenzione del lettore sul ruolo giocato nella vicenda dell’Anviti dai servizi segreti del Regno del Piemonte (o Regno Sardo) e in particolare sull’Ispettore di P.S. Filippo Curletti e su Giuseppe La Farina a quel tempo Capo di Gabinetto del Cavour e suo stretto collaboratore già dal 1856. Li cito di seguito: 1) Roberto Martucci “L’invenzione dell’Italia unita 1855-1864” ed. Sansoni 1999, 2) Vito Di Dario “Oh, mia patria! Un inviato speciale nel primo anno d’Italia” ed. Le Scie Mondadori 1990, 3) Ernesto Ravvitti “Delle recenti avventure d’Italia” stampato dalla Tipografia Emiliana – Venezia 1864. Il terzo volume composto da due tomi, appartenuto al generale di Corpo d’Armata Manlio Mora (Parma 1883-1973), offre ai lettori una versione più vicina agli interessi della Casa dei Borbone. La questione che viene raccontata dei frequentissimi furti, degli stupri, degli assassini accaduti negli anni 1856, ‘57, ‘58 tanto “che nessuno osava più avventurarsi di notte per le vie alquanto solitarie, e molto meno uscire alla campagna” nella città di Torino hanno come protagonisti gli agenti segreti del Regno Sardo e in particolare Filippo Curletti “promotore ed ordinatore degli assassini”. Un quarto libro “Sangue a Parma (1848-1859)” di Giansiro Ferrata ed Elio Vittorini era stato pubblicato una prima volta nel 1939 col titolo “La tragica vicenda di Carlo III” poi ristampato con i tipi di Arnoldo Mondadori nel 1967.

Mentre Luigi Gonizzi, qualche tempo prima di raggiungere Garibaldi e l’esercito meridionale nell’agosto 1860, fece l’offerta nell’ex capitale presso il “Caffè del popolo” di Pietro Violi, un repubblicano convinto, padre di Italo e Icilio (che sarà uno dei Mille), il dr. Domenico, nello stesso giorno, per offrire il denaro per la campagna del milione di fucili, scelse l’esercizio della tipografia di Pietro Grazioli che fra il 1860 e 1864 venne ribattezzata Tipografia Cavour.


Giancarlo Tedeschi (pronipote materno del ten. col. dei garibaldini Luigi Gonizzi)


http://www.prefetturadiparma.it/pubblicazioni/convegno%20di%20langhirano/Intervento_Tedeschi.asp

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